Racconto vincitore del Premio Primo Marinig (V^ Edizione)

LE MIE RADICI DI Carolina Venturini

Non ho mai particolarmente amato la mia terra, l'ho rinnegata, l' ho sfuggita, ho disprezzato la semplicità e la chiusura, quella mentalità che spesso e volentieri ho definito "contadina" e "limitata"; me ne sono andata tante volte, attraverso libri, fantasia, viaggi, scelte scolastiche che mi hanno portata a scoprire porzioni di mondo, a cercare in tutti i modi di staccarmi dal retaggio campanilistico che permeava e permea tutt' ora la realtà in cui vivo, dai cui limiti mi sono sempre sentita soffocare. Ho scelto di non affondare le mie radici in questa bruna terra, la mia mente è sempre stata proiettata lontano, attratta da metropoli ricche di opportunità e percorsi di crescita.
Non mi sono mai sentita friulana, né ho mai voluto parlare o imparare il friulano, benché abbia apprezzato alcune compagnie teatrali che recitavano in lingua e le struggenti, intime, canzoni degli Alpini. Non mi sono mai interessata alla storia del mio paese o di questa regione, oltre le tematiche “classiche” della Grande Guerra e del Terremoto.
Ora, in questo preciso momento della mia vita, mi trovo ad intraprendere un cammino che mi porterà ad abbandonare la mia Terra, per trasferirmi nella grande Roma.
E, tutt' a un tratto, mi rendo conto che soffro all' idea di lasciare per sempre un luogo che è entrato nel mio profondo, nonostante io lo abbia combattuto strenuamente. Ho sempre saputo, infatti, nel mio cuore, che la mia vita non sarebbe appartenuta a Basiliano. Ma non mi sono mai resa conto di quanto le caratteristiche peculiari del Friuli, landa schiva e riservata, dipingano i tratti salienti del mio io, in modo silenzioso eppur marcato. Ora che mi accingo a partire mi accorgo con malinconica consapevolezza quanto io debba a questi luoghi.
Ci fu un tempo in cui persi tutto, interiormente; conobbi buio e perdita di speranza, fede e forza.
L' unico sollievo che trovai fu un luogo che per me divenne, con il tempo, simbolo di rinascita, di contatto spirituale, di vicinanza con le emozioni più profonde, di libertà, di conoscenza.
Questo luogo viene comunemente chiamato "la collina di Variano", un piccolo colle immerso nel verde, a metà strada fra Basiliano e Blessano, a circa dieci minuti a piedi da casa mia.
Camminare, correre erano attività che mi aiutavano a sfogare la mia rabbia, in quei mesi duri; il bisogno di solitudine mi dirigeva a cercare intimità in luoghi nascosti dal giudizio umano.
La Collina di Variano divenne il mio rifugio segreto, personale, inviolabile. Mi ha sempre affascinato, sin da quando fanciulla ci venivo con genitori ed amichette, durante il “Luglio Varianese”, la sagra paesana, l' appuntamento atteso e prezioso che mi emozionava ogni anno.
Mi piaceva ballare e guardar ballare l' allegria dei balli da sala, sognando e fantasticando ad occhi aperti. Non mi ero mai avventurata da sola nelle stradine acciottolate o nei sentieri erbosi che disegnano i confini della collina.
L' ingresso principale, costeggiato da pini e basso bosco, mi ha sempre toccato nell'anima: i rami arcuati, le luminarie piccine e magiche, accese nei giorni di feste, qualche scoiattolo che saltella fra i rami, i passeri che zampettano e canticchiano, il soffio leggero del vento, qualche bacca rossa, i raggi del sole che filtrano fra le foglie, creando giochi di luce in cui si specchiano ragnatele e gocce di rugiada. C'è un non so ché di Romantico e selvaggio, nostalgico, pregno di aneddoti del passato eppure costantemente presente che tocca e lascia senza fiato.
Esistono sprazzi del giorno in cui questa collina è disabitata: l' alba è il momento che preferisco.
E' troppo presto perché i bambini vengano a giocare, i ragazzi a bighellonare, le mamme a spettegolare, gli sportivi ad allenarsi, le coppie ad amarsi.
All' alba la collina è mia, mia e degli animaletti che la popolano. All' alba il silenzio non fa paura. C' è un profumo pregnante ed indimenticabile, di terra e foglie che si fondono insieme, di prato umido, addirittura il profumo del sole che inizia a scaldare; percepisco la primavera giungere annusando quella sottile essenza di fiori che sbocciano. Oltrepassato l' ingresso, imboccato il sentiero che porta al monumento ai caduti, si giunge nel punto all' apice: il monumento ai caduti è una lapide eretta in verticale, dietro alla quale ci si può nascondere, sedere, ed è esattamente quello che abitualmente faccio, quando mi ritiro lassù: a destra il mare, a sinistra le Alpi, davanti la Chiesetta di San Leonardo, tutt' intorno Natura, pigmenti, fragranze, lucertole, l' abbaiare dei cani in lontananza, un ciclo di vita che continua costante, placido, calmo, rassicurante, materno.
E' un luogo di memoria ed io, in questo emblema del ricordo, ho imparato a placare i miei rimorsi, ad acquietare la mia anima turbolenta, a versare quelle lacrime che suggellano il lasciar andare.
C' era la musica del mio Ipod, inizialmente. In seguito c'è stato il ritmo del mio respiro, pacato.
Annusavo l' aria, mi guardavo intorno, apprendevo come posare i pensieri ed intanto, lentamente, rinascevo, trovavo la forza per compiere scelte, per rialzarmi e tornare a correre, rafforzata.
La solitudine di questo luogo, la meraviglia del sole che si eleva nel cielo, l' osservare i ritmi della Natura, mi sono stati maestri. In questa collina c'è anche uno spazio apposito per i giochi dei bambini, con le altalene, i girelli, gli scivoli, le reti, le panchine strategiche.
L' altalena è sempre stato il mio gioco preferito da bambina, mi sembrava di volare, mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Questo spazio per i fanciulli è veramente molto bello, oserei dire involontariamente simbolico: è racchiuso da una serie di alberi che ne delimitano circolarmente lo spazio, poco distante una fontana. Un cerchio nel cui centro si esprime la giovinezza, quindi la vita, la speranza, la gioia: inspiro tutto questo a pieni polmoni e la mia pelle muta. Una pietra massiccia delimita una biforcazione del sentiero poco distante: come non sentire il richiamo delle parole di Jung, l' Antico che solletica la mente, l' eco druido delle leggende, l' emozione che invade il cuore che trema chiedendosi se avrà il coraggio di reggere questo tanto con cui è in contatto.
In questo posto così magico ho potuto meditare, leggere, piangere, sdraiarmi al sole e contemplare il cielo, palpitare con le Frecce Tricolori in cielo e raccontarmi, scrivendo pagine e pagine di diario o parlando a cuore aperto investendo Dio con il mio furore, disperazione, gioia o amore. Attraverso la Terra ho sentito più vive le mie radici. Il monumento ai caduti mi ha parlato di una storia lontana ma viva e vibrante tutt' ora nei ricordi della gente, fluttuante nell' acqua dei Fiumi, indelebile nei sentieri di montagna.
La prima volta che entrai in Roma sentì istintivamente che sarebbe stata una città fondamentale per la mia esistenza e così è stato ed è ancor oggi. A Roma ho conosciuto una porzione in più del mondo, scoprendo il pregiudizio amaro che lega l' origine friulana alla dipendenza con l' alcool.
Ho conosciuto, talvolta, la supponenza della grande città che guarda con disprezzo il piccolo centro contadino ed ho riconosciuto parti di me stessa in questo comportamento, scoprendomi infiammata di collera e desiderio di rivalsa. Offesa, non vista. Ho conosciuto lo smog, sentendo nostalgia della mia aria pulita; le lunghe file di palazzoni cubici, anonimi, in cemento armato bramando in modo struggente le lunghe vie di case con giardino; l' assenza di verde con il mutare della terra.
Nei miei soggiorni nella capitale ho sentito il pungente rimpianto verso il mio rifugio segreto, la forte limitazione nel andare, libera, per strada. Tutto questo mi ha portato all' estremo opposto.
Ed ora, soltanto ora, comprendo la necessità di un equilibrio. Durante una delle mie fughe in collina ho sentito vibrare quella che secondo me è l' essenza friulana nel paesaggio tutt' intorno: c' era un trattore in lontananza, che arava la terra ed io percepivo il solco scavato e pulsante pronto ad accogliere nuova vita. Ho percepito la tenacia, ho assaggiato la storia, per un attimo è stato come riconoscere quelle mani callose che continuano a lavorare, la durezza nei tratti del viso, gli occhi in cui si srotola una lunga Storia di Sacrifici, Gioie, Invasioni, Distruzioni e Rinascite. La persona che amo spesso mi ha rimproverata per la mia attitudine al rispondere un “faccio da sola, mi arrangio, combino, me la cavo”. Ed ora sorrido comprendendo che questa autonomia mi è propria come infiltrazione di un retaggio culturale più antico, profondo, significativo, che sorpassa questi anni, e si perde negli scatti di foto d' epoca e pagine di storia. A Roma, visitando il Museo del Risorgimento, ho pianto leggendo Ungaretti, sentendo quel filo invisibile eppur costante con la mia terra, empaticamente vicina. Ogni volta che posso torno in collina e respiro, spegnendo l' Ipod, assorbendo sorsate di rinascita. Porto nel cuore questi preziosi momenti di vita, arricchita.
Riscopro le mie radici, per poter andare via. Per poter prendere, apprezzare ed amare, anche lontana. Per poter seguire il corso del mio destino, non più in bilico, incapace di stare, realmente. Ovunque andavo, non ero serena, non riuscivo a sentirmi staccata e libera del rimpianto. Riscopro le mie radici, le mie forze, le opportunità. E torno un pezzetto più intera.
Ora posso andare perché non più scollegata. Ora posso cogliere il tanto che offre Roma, senza tradire le mie radici. Nel cuore sempre, la mia Terra, il mio Friuli.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

la forza dell'anima

Anonimo ha detto...

La forza di volontà.

Anonimo ha detto...

bellissimo bravissima carolina ....:) complimenti

Anonimo ha detto...

Vi ringrazio di cuore!
Carolina

Anonimo ha detto...

Se vi fa piacere leggere ancora qualche cosa di me, ho partecipato ad un concorso letterario attualmente attivo, con un racconto riferito alle emozioni speciali.

Lascio il link:

http://blog.elation.it/865/salsedine-solitudine-e-calamaio/

Un saluto a tutti ed ancora grazie,

Carolina

ABBI FIDUCIA NEL SIGNORE ha detto...

I friulani sono persone speciali,li ho conosciuti ed apprezzati come ho apprezzato leggere questo scritto e chi l'ha scritto..grazie e brava!
Annamaria

Anonimo ha detto...

E pensare che io da friulano e da Mitteleuropeo guardo con supponenza la decandenza di Roma, quel suo essere così lontana e aliena dalla nostra terra, che è proiettata invece verso l'Europa centrale e settentrionale.
Bello il tuo ritratto da le patrie dal Friùl!

Fabio Z.

Anonimo ha detto...

Grazie! Roma è una realtà diversa, non so dire se migliore o peggiore. La nostra terra ha così tanto, eppure è così ostica a volte...
Quando penso al Friuli, come valore aggiunto, penso alla Natura. Al forte contatto con le radici della terra, al profumo degli alberi, dei fiori. Alle marmellate e alle raccolte di castagne, funghi.
Eppure è solo un ritratto limitato.
PErchè poi c'è il mare, con il suo fascino; la montagna, con le sue aspre bellezze e segreti. Trieste con la sua storia e il suo presente...
Questo racconto, potendo, ora lo scriverei da capo nuovamente.
Perché è solo una parte del Friuli ed è solo la parte che io ho vissuto di più. Ci sono tanti luoghi a me cari, simbolici, profondamente conficcati dentro il mio cuore. Tanti, veramente.
Nel bene e nel male.
Carolina

Dzhyggit ha detto...

Ecco che cosa mi manca... Il talento! Tu lo hai! Bellissimo racconto!

Anonimo ha detto...

ti ringrazio!

FRANZ ha detto...

Sono un amico di naja di tuo zio Duilio che mi ha detto di te ed è chiaro che la vena di scrivere è insita nella vostra famiglia. Ho letto, anzi divorato il tuo racconto"Le mie radici" ed all'inizio quando dicevi che non ti sentivi friulana pensavo a Duilio, come si sarà arrabbiato ...lui che è veramente ul FURLAN convinto e poi nel finale ti sei riscattata ed è sicuramente, come mi ha scritto, molto fiero di te.
Riguardo al racconto è molto bello,descrivi benissimo sia i paesaggi che i tuoi stati d'animo,mi è piaciuto molto,continua, ti seguirò,ora che ti ho conosciuto, anche se solamente in modo virtuale.
Un caro saluto
Francesco

Anonimo ha detto...
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